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Lo sfruttamento del lavoro assume oggi nuove vesti, tra sfruttamento della manodopera nei campi, nel mondo della logistica e sfruttamento dei riders per le consegne a domicilio. Ma esistono forme di tutela per questi lavoratori? E soprattutto come interviene il Modello 231 a tutela delle aziende e dei loro lavoratori?
Nell’anno 2016 è stato inserito tra i reati presupposto previsti dal D.lgs. 231/2001 il reato di cui all’art. 603-bis del Codice Penale, denominato “Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro” e oramai comunemente conosciuto come norma sanzionatrice del cosiddetto “caporalato”.
L’articolo prevede la punibilità di chiunque
- recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori;
- utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante l’attività di intermediazione di cui al numero 1), sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento e approfittando del loro stato di bisogno.
E pertanto intende perseguire sia chi si occupa del reclutamento, sia chi impiega il lavoratore, con il comune denominatore dello sfruttamento del lavoratore in stato di bisogno.
I reati di sfruttamento del lavoro introdotti nella 231
Proprio la condizione di sfruttamento costituisce il fondamento del rimprovero, e il comma 3 dell’articolo si occupa di definire gli indici rilevanti per accertare tale condizione:
- la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato;
- la reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie;
- la sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro;
- la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti.
Pertanto, visto quanto sopra, è possibile identificare i seguenti elementi rilevanti:
- il reato non è contestabile solo in presenza dei c.d. “caporali”, bensì può essere commesso direttamente da esponenti della Società che utilizzi i lavoratori;
- lo sfruttamento può essere desunto da prassi assai diversificate, che già di per sé costituiscono, nella quasi totalità dei casi, comportamenti illeciti; alcuni di tali comportamenti assumono peraltro rilevanza ai fini del D.lgs. 231/2001 (es. violazioni in materia di sicurezza sul lavoro).
E inoltre, poiché il reato di cui all’art. 603bis CP è tra quelli che possono portare alla applicazione delle misure di prevenzione previste dal Codice Antimafia, ecco che in caso di applicazione della misure dell’Amministrazione Giudiziaria e del Controllo Giudiziario si crea un ulteriore collegamento con il Modello 231.
Rider e caporalato: i nuovi confini dello sfruttamento della manodopera
E proprio le misure di prevenzione antimafia, e in particolare l’amministrazione giudiziaria prevista dall’art. 34 del D.lgs. 159/2011, sono diventate nell’ultimo biennio il terreno su cui cogliere l’ampliamento dei confini dello sfruttamento di manodopera, con il passaggio da ambiti facilmente associabili al fenomeno del caporalato (es. manodopera in agricoltura e – più in generale – il lavoro stagionale, anche nelle versioni più “moderne”, come nel recente caso del sequestro della start-up StraBerry) ad attività che negli ultimi anni hanno visto una grandissima crescita ed evoluzione (la logistica con i suoi sempre più “spinti” processi di terziarizzazione e allungamento della filiera delle forniture – vedi l’amministrazione giudiziaria della società Ceva Logistics Italia s.r.l.) o che da questi sono “gemmati” a seguito della crescita del digitale (home delivery tramite l’utilizzo dei rider).
Ultimo atto di tale evoluzione è la misura dell’amministrazione giudiziaria adottata nei confronti di Uber Italy S.r.l. in relazione al servizio di food delivery.
Quali sono in questo caso gli indicatori presi in considerazione e sintomatici del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro?
Degni di particolare nota sono:
- il contrasto tra la formale esistenza di un rapporto di lavoro autonomo e la sostanziale limitata scelta degli orari di lavoro e dei ritmi di consegna,
- l’esistenza di condotte degradanti nei confronti dei rider, molto spesso migranti richiedenti asilo,
- il mancato versamento delle ritenute e la sottrazione – sotto forma di sanzione – di parte degli introiti.
Tutto ciò commesso “grazie” al contributo di due società che si facevano carico del reclutamento e della gestione dei rider.
Modello di organizzazione e tutela dei lavoratori e delle società
In questo come in altri casi recenti, il Tribunale ha dato mandato agli amministratori giudiziari di verificare l’esistenza e l’idoneità del Modello 231, ribadendo, quindi, come tale strumento sia imprescindibile dove il settore di attività si presti a potenziali dinamiche di sfruttamento, in particolare per l’alta intensità di utilizzo di manodopera.
Come può, dunque, intervenire il Modello 231 per dimostrare il corretto agire dell’azienda e evitare fenomeni di sfruttamento, specie dove la filiera delle forniture sia particolarmente allungata?
Visto quanto sopra, è possibile avvalersi di un mix di presidi finalizzati alla prevenzione di illeciti già previsti dal D.lgs. 231/2001 e specificamente dedicati alla prevenzione dello sfruttamento di manodopera.
Nel primo gruppo possono rientrare:
- le procedure per la selezione e il monitoraggio dei fornitori, specie con riferimento alla prevenzione delle infiltrazioni di criminalità organizzata,
- le procedure per l’assunzione del personale,
- le procedure per la prevenzione dei reati in materia di sicurezza sul lavoro,
- le procedure per la prevenzione dei reati tributari, con riferimento al controllo sull’effettiva organizzazione di clienti e fornitori.
Quanto ai presidi specifici, si potranno prevedere protocolli per:
- la verifica sul riscontro tra inquadramento del personale e attività svolte,
- la verifica sulle effettive modalità di prestazione dell’attività lavorative,
- per le società di logistica e delivery, la verifica della coerenza degli algoritmi e sistemi di monitoraggio utilizzati con l’effettiva parità di trattamento delle persone.
Pertanto il reato di intermediazione e sfruttamento della manodopera diventa l’occasione per un aggiornamento del Modello 231 con riferimento alla revisione dei presidi esistenti e all’introduzione di nuovi presidi.
Tu cosa hai deciso di fare?